La morte rende tutti uguali, dicono. Ma se non fosse davvero così?
Il libro di Yu Hua, Il settimo giorno, prende come spunto di partenza questa idea per intrecciare un romanzo a tratti surreale, altre volte malinconico, con molto da dire sulla Cina odierna.
Un uomo di 41 anni di nome Yang Fei, morto da poco, riceve un avviso che lo istruisce su come e quando presentarsi per il suo funerale. Il protagonista, ancora un po’ sconcertato, si lava, indossa abiti appropriati e si mette una fascia nera al braccio in quanto uomo solo, senza genitori e senza figli, senza nessuno che andrà a piangere la sua scomparsa. Il traffico è intenso e l’autobus numero 203 non è in funzione, quindi gli tocca camminare a lungo. Quando finalmente arriva alla struttura, scopre che le disuguaglianze che separano i vivi continuano a dividere i morti. I vip dispongono di una propria area di attesa, con comode poltrone. I funzionari appena morti si vantano di luoghi di sepoltura che li aspettano sulle cime delle montagne con vista sull’oceano. Rendendosi conto che non ha indumenti funerari adeguati e nemmeno un’urna, Yang Fei si rifiuta di rispondere quando viene chiamato il suo numero. Invece, lascia il crematorio. Esce quindi in quella che è una sorta di terra degli insepolti, un luogo – non luogo ove vagano le figure di coloro che non hanno tombe.
In un viaggio di scoperta post mortem, Yang Fei si mette alla ricerca del padre e nel suo vagare fa numerosi incontri con coloro che sono morti di recente e non sono stati ancora sepolti, espediente che permette di apprendere come sia stata la vita del nostro protagonista – dalla rocambolesca nascita su un convoglio ferroviario e dalla sua infanzia solo col padre, al lavoro e alla relazione e al matrimonio con una donna verso la quale si sentiva inadeguato. Ma fa anche altri incontri, come ad esempio una famiglia uccisa da una demolizione ordinata dalle autorità, una ragazza che si suicida perché vuole l’ultimo modello di smartphone dal suo fidanzato, dei manifestanti uccisi. I morti offrono racconti di corruzione, violenza della polizia, repressione politica, ma anche di maltrattamenti quotidiani subiti dai cinesi comuni per mano del potenti e dei ricchi.
Questi morti ancora consapevoli, sradicati e sofferenti sono lo specchio, le vittime dell’esplosiva espansione dell’economia di mercato cinese, rappresentano la nuova realtà della Cina moderna, fatta di avidità sfrenata, desiderio di oggetti materiali, una società consumistica caratterizzata da scalate sociali e nepotismo, dalla corruzione del governo.
Di contro, l’autore ci tiene anche a sottolineare l’umanità e la gentilezza della gente comune, le loro piccole lotte quotidiane e il loro rifiuto alle imposizioni del governo.
Sono questi ultimi che non possono spesso permettersi i luoghi di sepoltura, e in vita sono stati separati dalle loro famiglie e sradicati dalle loro case originarie. Impossibile per loro quindi essere pianti nel modo compiuto secondo tradizione, sono destinati a vagare in una città-necropoli nebbiosa e indistinta, dove la neve vortica intorno alle loro gambe e passano il tempo a riflettere sulle loro vite e sulle circostanze della loro morte.
Il viaggio del protagonista rivela la parte oscura della Cina di oggi con il suo labirinto notturno di quartieri, i suoi funzionari governativi corrotti e arroganti, i suoi insabbiamenti di tragedie e la disperazione dei suoi cittadini che si suicidano o vendono i loro organi interni come temporanea via d’uscita dalla povertà.
Il romanzo di Yu Hua è un’allegoria politica della vita – e della morte – vissuta nel caos di un paese in rapida evoluzione, una società materialista, avida e sempre più impersonale. Non solo, si può leggere in qualche modo anche come sorta di autobiografia dell’autore stesso, dei suoi dieci anni trascorsi durante la Rivoluzione Culturale.
Yang Fei alla fine torna al crematorio, dove trova il padre defunto che lavora come usciere, uno scheletro che indirizza scheletri, dimostrando che persino il settimo giorno non c’è riposo. La settimana di vagabondaggio del protagonista gli ha insegnato una verità sulla vita dopo la morte in Cina, ovvero che da morti non c’è povertà né ricchezza, non c’è dolore né dolore, niente rancori e niente odio. Tutti trovano l’uguaglianza nella morte. Se uno può permetterselo.
My rating: 3.5-4/5
Yu Hua
Il settimo giorno
Ed. Feltrinelli
Trad. Silvia Pozzi