Da certi suoni della voce e del riso, da certi gesti, da certe attitudini, da certi sguardi ella esalava, forse involontariamente, un fascino troppo afrodisiaco. (Gabriele D’Annunzio, “Il Piacere”)
Caffè mondani, gli abiti appariscenti ed eleganti, i chiacchierati salotti mondani: in 170 opere provenienti da collezioni pubbliche e private si snoda il racconto del grande pittore Giovanni Boldini.
Al MART di Rovereto la mostra a lui dedicata, denominata “Il Piacere”, chiaro rimando dannunziano, è un dedalo di sale in cui si cammina con passo ovattato, accompagnati da una sonorizzazione site-specific realizzata dal pianista e compositore Cesare Picco e dal violinista Luca Giardini, smemorandosi tra quadri che rimandano volti, sguardi, sfarzo, bellezza, in un tripudio di sensualità visiva che fa comprendere appieno il titolo dell’esposizione. L’accostamento al famosissimo romanzo di Gabriele D’Annunzio non è certo casuale, infatti, se Benedetto Croce in lui identificò “nella letteratura italiana una nota, fino ad allora estranea, sensualistica, ferina, decadente” – parole che appunto si possono ben accostare anche a questa rassegna.
Passando per la sua esperienza italiana ed europea, Boldini visse diverse realtà, soprattutto quella dei macchiaioli e quella francese, non aderendo passivamente a nessuna, ma sviluppando un suo stile peculiare.
Il suo processo di decostruzione della scena, porta a una smaterializzazione e dinamizzazione di quanto viene rappresentato. Boldini tende a svuotare il pieno per elettrizzare i vuoti, rendendo la tela non una finestra sul mondo, ma uno schermo mobile sul quale scorre la storia di un’epoca.
Il suo utilizzo della luce si allontana dai risultati degli impressionisti francesi, per cercare una carica di movimentismo all’interno della materia trattata, riducendo spesso la tavolozza cromatica, avvicinandosi in extremis a soluzioni quasi più grafiche che pittoriche. I suoi personaggi, che siano ritratti dell’alta borghesia o scene di genere, non sono solo fissati in un’istantanea, ma l’intento è quello che durino in un tempo indefinito attraverso alla dinamicità delle pennellate sempre più vigorose e dinamiche (le famose “sciabolate”).
Ci sono certi sguardi di donna che l’uomo amante non iscambierebbe con l’intero possesso del corpo di lei. (Gabriele D’Annunzio, “Il Piacere”)
Grazie alle sue innovazioni stilistiche, alla sua raffinatezza e gusto impeccabile, Giovanni Boldini divenne presto il pittore più richiesto e amato quale ritrattista del bel mondo. Le sue donne, le “divine” come lui stesso le appellava, facevano a gara nel farsi ritrarre da lui, in atteggiamenti sensuali, un poco discinti, ai quali però egli accostava sempre un’analisi psicologica e interiore. Boldini, infatti, riusciva a cogliere lo sguardo e la personalità delle sue muse, andando oltre le sete preziose, le vesti sgargianti, le morbide pellicce e le piume di struzzo, i fili di perle e i monili rari. Le sue donne hanno uno sguardo fiero, un’aura magnetica.
Quell’aria aspettava il suo respiro; quei tappeti chiedevano d’esser premuti dal suo piede; quei cuscini volevano l’impronta del suo corpo. (Gabriele D’Annunzio, “Il Piacere”)
Così, tramite la sua pennellata veloce e dinamica e alla palette luminosa e magmatica, egli fu in grado di interpretare appieno l’eleganza e i chiaroscuri del mondo della Belle Époque.
Tutto questo si coglie di sala in sala, quasi in uno stordimento di sensi, che per qualche tempo ci fa sentire parte di quel mondo sgargiante, contradditorio, aulente – un mondo scintillante, forse oggi idealizzato, che grazie anche a Boldini è diventato immortale.
Ella, ella era l’idolo che seduceva in lui tutte le volontà del cuore, rompeva in lui tutte le forze dell’intelletto, teneva in lui tutte le più segrete vie dell’anima chiuse ad ogni altro amore, ad ogni altro dolore, ad ogni altro sogno, per sempre, per sempre… (Gabriele D’Annunzio, “Il Piacere”)