“Nagori, invece, possiede un’accezione molto più ampia. Significa prima di tutto «traccia», «presenza»: è l’atmosfera di una cosa passata e che non è più. In questo senso si può parlare di una città che ha conservato un’aura medievale, o di una casa che rievoca il gusto e l’atmosfera di coloro che l’hanno abitata un tempo. […] In nagori, attaccamento, nostalgia e temporalità si mescolano.”
Ryoko Sekiguchi, poetessa e scrittrice, ci offre un grazioso libricino sulla nozione giapponese di nagori, questo termine non compiutamente traducibile nella nostra lingua, che potrebbe definirsi come una sorta di nostalgia della separazione.
Il concetto giapponese appartiene alla ciclicità delle stagioni che nascono, fioriscono, muoiono e ritornano indefinitamente, e si innesta direttamente nella temporalità che va dalla nascita alla morte dell’uomo. Ricorda l’idea del passare del tempo e contestualmente la nostalgia per i mesi che scivolano via inesorabilmente.
Per sviscerare questo concetto, l’autrice ci introduce nella prima parte sia al susseguirsi delle stagioni sia a un vero e proprio approfondimento sul cibo, su frutta e verdura e non solo, che cambia a seconda del periodo dell’anno, sull’importanza di nutrirsi con quanto offre la specifica stagione in quanto maggiormente naturale, ma soprattutto invita a una consapevolezza del cibo, di ciò che si mangia.
In questo senso, il termine nagori può designare un frutto o un ortaggio prima che si deteriori, quando è così maturo che già annuncia i toni della nuova stagione e ha un sapore suo del tutto peculiare – ad esempio, la prima fragola leggermente asprigna che si assapora in primavera non ha il gusto di quella della piena stagione, e nemmeno di quella leggermente vizza, passata, degli ultimi giorni prima dell’autunno, nel momento della fine delle vacanze, dell’inizio dell’anno scolastico e delle foglie morte. Continua a leggere