Bill Viola: Rinascimento Elettronico (mostra presso Palazzo Strozzi, Firenze)

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The Crossing

La mostra fiorentina dedicata a Bill Viola vale la pena davvero di essere vista, tuttavia porrei di base due condizioni per apprezzarla a fondo: apprezzare questo tipo di arte (a prescindere che si conosca più o meno approfonditamente) ed essere disposti a dedicarle tutto il tempo che serve.
E’ un’esposizione impegnativa, infatti, non solo perché la visita occupa ore, ma anche poiché mette fa addentrare in uno stato di realtà altra in modo totalizzante, mette alla prova e spinge al limite vista, udito, emozioni e testa.

A me è piaciuta moltissimo, ha permesso di conoscere meglio questo artista e di sperimentare qualcosa di davvero intenso.

Bill Viola è ampiamente riconosciuto come uno dei principali e più importanti video artisti della scena internazionale.
Da oltre 30 anni crea video di ogni genere, installazioni, video architetture, ambienti sonori, performance musicali elettroniche e alcuni prodotti per trasmissioni televisive, e in tal modo ha contribuito a rendere questa forma espressiva uno dei filoni vitali dell’arte contemporanea, a mostrare come l’espressione artistica possa essere complementare alla tecnologia, trascendendola (o, in un certo senso, rendendola trascendente).
Le sue videocassette a canale singolo (opere degli anni ’70) sono state trasmesse e presentate in tutto il mondo, mentre i suoi scritti sono stati pubblicati e ampiamente studiati. Oggi, le sue opere impiegano tecnologie all’avanguardia e si distinguono per la loro precisione e semplicità diretta nell’immagine, ma profondità di significato.

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Martyrs (Earth, Wind, Fire, Water)

Curioso, eclettico, appassionato di arte, tecnologia, ingegneria elettronica, filosofia e spiritualità, fin dai primi anni ’70, Viola ha utilizzato video per esplorare il fenomeno della percezione sensoriale quale modo di conoscere se stessi, ma non soltanto l’io individuale, bensì a un livello più profondo e ampio, nell’accezione sostenuta Terenzio “Homo sum, humani nihil a me alienum puto”.
Le sue opere si concentrano sulle esperienze umane universali: la nascita, la morte, lo sviluppo della coscienza, la metamorfosi dell’io, la quotidianità, e hanno radici tanto nella tradizione occidentale che in quella orientale, sia dal punto di vista artistico, ma ancor più spirituale: troviamo così fuse insieme tracce, ad esempio, di buddismo zen, sufismo islamico, misticismo cristiano.

Le installazioni video Viola si collocano in ambienti totali, un labirinto spesso buio o poco illuminato di immense sale nelle quali ampli schermi al plasma emergono e troneggiano come antichi dolmen, templi o pale d’altare, spazi che avvolgono nella sacralità di immagine e suono: lo spettatore viene catapultato in un’esperienza immersiva che sollecita i sensi e ne fa scaturire emozioni di grande impatto, viene messo di fronte ai temi universali della vita, della morte, dell’amore, del cambiamento, della trasformazione, della redenzione e della spiritualità.
Ciascuna proiezione è una profonda meditazione, altamente concettuale.

Alcune peculiarità che tornano in tutti i video sono la lentezza dei movimenti, tanto che a volte sono appena percettibili, ma per questo esaltano ogni minimo mutamento e invitano ancor più a una riflessione profonda, a una distensione che però rimane perturbante, in attesa dell’elemento sorpresa finale, mozzafiato, benché sempre drammaticamente controllato.
L’uso dello slow motion da parte di Viola è un invito alla contemplazione, una pausa di concentrazione nella frenesia per aumentare la propria consapevolezza dei dettagli, del moto e del cambiamento. Concetti derivanti chiaramente dall’influenza zen, che attesta che grazie alla meditazione il tempo si può aprire in modo incredibile.

Altro tema che è pressoché sempre presente: i quattro elementi, l’acqua soprattutto.
Che siano richiamati esplicitamente, in sottofondo o protagonisti, acqua, fuoco, aria e terra sono sommi protagonisti delle opere, in tutta la loro valenza simbolica, ma anche nella loro forza primordiale, assoluta, incontrollabile da parte dell’uomo.

I personaggi che emergono dai pannelli sono persone di oggi, del tutto comuni, cosa che può essere straniante, in particolare quando sono immersi in contesti primevi o classici o completamente decontestualizzati dal presente.
Viola mette in campo la vita quotidiana, una realtà ordinaria che si incunea nell’illusione (e viceversa, in un moto continuo come il susseguirsi delle proiezioni), e, attraverso le tecniche adottate, l’opera tende a cogliere il nucleo dell’esistenza, a rivelare il suo significato simbolico e gnoseologico.

Ogni personaggio, pertanto, è lo spettatore stesso, l’uomo in tutte le sue sfumature di fronte all’inevitabile imprevedibilità dell’esistenza, alle prese con l’usuale routine o con il travaglio interiore in un contesto allegorico d’eccezione, cosicché l’opera diviene messa in scena dell’universale.

La combinazione di illuminazione, sfondi (vasto l’uso del nero, che pare essere tanto colore della morte, della negazione, quanto via della rinascita, della possibilità inattesa), espressioni, composizione (calibrata nei minimi dettagli), dilatazione temporale (elemento fondamentale in Viola), le installazioni, tanto quelle prettamente simboliche che quelle che riflettono emozioni umane o esperienze di vita unanime nella loro immediata crudezza, danno vita a un appello emotivo profondo e senza via di scampo per lo spettatore, che rimane fremente di aspettativa di conoscere il fotogramma successivo, quanto timoroso della rivelazione dirompente che esso possa provocare, smarrito di fronte a un’illusione che si fa miracolo.

L’espressione artistica di Viola è tanto realistica, diretta e materiale, quanto moralizzante, intellettuale e mistica, ma è proprio nei suoi intenti ristabilire la relazione tra l’esperienza artistica e quella spirituale, fare dell’arte qualcosa di quotidiano che sia imprescindibile dalla vita e dia valore aggiunto all’interiorità.
E per raggiungere questo ultimo stadio di trasformazione, l’artista sembra voler suggerire non solo questo incrocio tra esperienza umana e spirituale, ma una sorta di annientamento finale, che altro non è che la “distruzione” dell’io, un’azione che diviene mezzo necessario per la vera trascendenza e liberazione.

Mi dilungherei troppo a dissertare sulle principali opere esposte a Firenze, che qui elenco (con link a estratti video/immagini delle stesse trovati in rete) – lascio a voi le sensazioni e pensieri che evocano (fortunati se potete condividerli con qualcuno):
The Crossing
The Greeting (ispirato a La Visitazione del Pontormo)
The path
Emergence (ispirato all’iconografia rinascimentale della Pietà, in particolare al Cristo in Pietà di Manolino da Panicale)
Catherine’s room (ispirato alla predella della Santa Caterina di Andrea di Bartolo)
Four hands
Surrender 
The deluge (ispirato a Il Diluvio di Paolo Uccello)
Inverted birth
Man Searching for Immortality/Woman Searching for Eternity
The Reflecting Pool
Martyrs (Earth, Air, Fire, Water)

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The Path

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